Dovunque guardiamo è uno sfacelo.
Scorgiamo degrado in ogni ambito, nella politica sempre più inerme di fronte alla gravità dei problemi, nella società civile sempre più insicura e minacciata in molti modi, nell’economia in crisi perenne.
Vediamo il degrado nelle nostre città e nel paesaggio, lo sentiamo, lo assaporiamo, lo annusiamo, lo percepiamo dappertutto.
Ogni giorno ci sono innumerevoli fattori che limitano la nostra felicità. I gravi problemi su cui è focalizzata la nostra attenzione sono solo una parte dei problemi esistenti, e questo per molti è un bene, perché se potessero percepire la vastità e gravità di tutti i problemi contemporaneamente ne sarebbero sconvolti.
Quindi ognuno si occupa o si preoccupa di una limitata selezione di problemi, etici, economici, sociali, ecologici, salutistici, e così via, escludendo dalla propria percezione la marea di problemi di cui si occupano coloro che hanno una visuale diversa.
La felicità generale è praticamente scomparsa, dal momento che tutti ormai abbiamo per un motivo o l’altro la sensazione di essere in grave pericolo e non ci riferiamo solo al momento di estrema preoccupazione in cui ci ha costretta la pandemia e che stiamo vivendo da poco meno di un anno.
Preoccupazione e paura non solo per il temuto contagio ma anche per la sopravvivenza delle imprese, degli esercenti di ristoranti e bar, delle palestre, piscine e così via. Se a questo si aggiunge la tassazione in perenne aumento, l’inquinamento dilagante aggravato dalla geoingegneria e da emissioni elettromagnetiche, concentrazione di capitali che fagocita velocemente tutte le attività economiche e politiche, problematiche sanitarie, di convivenza tra culture diverse, disfunzioni della giustizia, dell’istruzione, dell’urbanistica, del sistema bancario, dipendenze alimentari ed energetiche, aumento della criminalità, e tanti, tanti altri fattori impensieriscono la gente, creano ansia e delusione, e procurano a tutto il popolo inutili difficoltà. La maggioranza delle persone prova davanti a questa montagna di problemi un senso di disorientamento e di impotenza e si aspetta le soluzioni dalla politica e dagli esperti. L’intero panorama politico è però caratterizzato dall’incapacità di gestire la complessità delle problematiche e tutti gli schieramenti e partiti sono accomunati dalla mancanza di idee pratiche per risolverle rapidamente.
Nessuno ha la più pallida idea di come rendere felice la nazione, perché tutti indistintamente non riescono a comprendere che la causa delle disfunzioni è insita nel sistema e che quindi all’interno del sistema stesso, senza un’incisiva riforma complessiva, non possono essere trovate soluzioni adeguate.
Infatti vediamo che se anche un partito ha da proporre la soluzione sensata per un determinato problema, su tanti altri problemi ha le idee vaghe e confuse, e i portavoce tacciono tali argomenti o dicono cose totalmente insensate a riguardo. Un altro partito, invece, propone una buona soluzione per un altro problema, mentre per il resto è uguale al primo, e ciò rende impossibile ai cittadini dare il loro pieno appoggio a una corrente, perché la maggioranza di loro ammette che in certe cose hanno ragione gli uni e in altre gli altri.
Eppure esisterebbe una figura, in grado di trasformare una preoccupazione in un sorriso, un problema in un’opportunità, un diritto calpestato in una soluzione pratica.
Una figura riconosciuta in molti Paesi democratici: il Difensore Civico Nazionale.
Ma in Italia questa figura non è voluta, perché sarebbe una figura super partes, promotrice di concetti quali meritocrazia in contrasto con le attuali nomine politiche senza competenze provate nell’ambito dei servizi pubblici, oppure di sovranità popolare e di partecipazione dei cittadini, in antitesi con l’arroganza e l’accentramento del potere nelle mani di pochi eletti, che da delegati del popolo si sono trasformati in “padroni” della cosa pubblica.
E’ proprio il tema della partecipazione dei cittadini uno dei più discussi tra il Difensore Civico della Campania e la “parte pubblica” che invece di favorire la formazione di un consenso condiviso, si pone in posizione di contrasto come una controparte.
Ma se in Campania c’è fermento, cosa aspettiamo a pretendere anche a livello nazionale l’Istituzione del Garante del Cittadino?
di Elio Aliperti