INTRODUZIONE
In Italia la figura del Difensore civico è affidata quasi esclusivamente alle Regioni e alle Province. Manca il Difensore Civico Nazionale (mancando, quindi, la tutela avverso le amministrazioni statali) e manca il Difensore Civico comunale (mancando, quindi, la Difesa Civica locale).
UN SISTEMA DISOMOGENEO
Anche il quadro regionale e provinciale non è uniforme. Regioni come Sicilia (dove non c’è la legge) o Puglia (dove comunque non c’è il Difensore Civico e non riescono a riformare la legge) non hanno oggi un Difensore civico regionale. Ciò significa che un cittadino siciliano o pugliese non gode della stessa tutela di un cittadino emiliano o laziale.
Manca poi la stragrande maggioranza dei Difensori Civici provinciali.
L’EUROPEA COME TERMINE DI PARAGONE: UNA FIGURACCIA ITALIANA
Questo vuoto istituzionale contrasta nettamente con quanto avviene in gran parte d’Europa. La Svezia, ad esempio, è stata la prima nazione a dotarsi di un Ombudsman già nel 1809: una figura indipendente con poteri ampi di controllo sulla legalità dell’azione amministrativa.
In Francia esiste il Défenseur des droits, con competenze non solo amministrative ma anche in materia di diritti fondamentali, discriminazioni, e tutela dei minori. In Spagna, il Defensor del Pueblo è una vera autorità costituzionale: riceve denunce, indaga, e presenta relazioni annuali al Parlamento, fungendo da coscienza critica del sistema democratico.
In Germania i cittadini possono rivolgersi al Petitionsausschuss del Bundestag, che svolge, per qualche aspetto, una funzione simile, garantendo che le istanze arrivino fino al cuore del potere legislativo.
LE CONSEGUENZE PER L’ITALIA
Se guardiamo questo panorama, appare chiaro che l’Italia è rimasta indietro. Non solo manca il Difensore civico nazionale, ma il sistema è frammentato, disomogeneo e in alcuni territori addirittura assente.
Le conseguenze sociali sono evidenti: disuguaglianza tra cittadini, difficoltà di accesso alla tutela dei diritti, perdita di fiducia nelle istituzioni, e una sensazione diffusa di solitudine nei confronti della burocrazia.
UNA RIFORMA NECESSARIA
Gli esempi europei dimostrano che il Difensore Civico nazionale non è un lusso, ma è un necessario pilastro della democrazia moderna. L’Italia può e deve trarre ispirazione dai modelli vicini, creando un’istituzione autonoma, indipendente dalla politica e capace di dialogare con le strutture regionali già esistenti.
Un Organismo indipendente e incisivo che non solo raccolga denunce e reclami, ma promuova una cultura civica, monitori la trasparenza e sappia anche dialogare con organismi internazionali sui diritti umani e sociali.
CONCLUSIONE: DIFESA CIVICA A METÀ STRADA
La Difesa Civica in Italia, dunque, è a metà strada: regionale. Nonostante le battaglie dell’ANDCI e della Rete di Associazioni Civicrazia, la politica non ha ancora compiuto il passo decisivo.
Colmare questa lacuna significa rafforzare l’uguaglianza tra cittadini, ridare fiducia alle istituzioni e inserirsi pienamente nel solco delle migliori democrazie europee. In un Paese spesso accusato di lentezza amministrativa e opacità, il Difensore Civico nazionale sarebbe non solo un atto di civiltà, ma anche uno strumento concreto per alleggerire i tribunali, ridurre i conflitti e riaffermare il principio che il cittadino non è suddito della burocrazia, ma parte attiva della Comunità e protagonista nelle Istituzioni.
Carla Porcheddu











