La città lagunare è diventata modello da imitare. Se in passato il patrimonio pubblico era una sfida difficile da gestire, in pochi anni è diventato modello di business da imitare. Amministratori, imprenditori e operatori di settore applicano la politica del “Non mi dai più soldi per mostre, mantenimento di musei e stipendi per il
personale? Non è un problema, pensiamo e facciamo tutto noi e, quando finisce la gestione magari abbiamo un’attivo da reinvestire l’anno successivo”. Parliamo di Manager prestati all’arte che gestiscono un gigantesco patrimonio artistico pubblico come se fosse un’azienda privata. Tale miracolo avviene a Venezia, dove i tagli alla cultura
sono diventati strumento stimolante per rimboccandosi le maniche, e presentare dei servizi sempre più elevati.
La Fondazione dei musei civici raccoglie 11 fra i più importanti palazzi della città. Questo circuito chiama, ogni anno, più di 2 milioni di visitatori e fa entrare nelle casse un tesoretto di oltre 20 milioni di euro.
Nell’attuale triennio la Fondazione conta di terminare il 2013 con quasi 25,3 milioni di fatturato. Allora come mai Venezia non sprofonda mentre Pompei si sbriciola? La risposta è molto semplice. Le due “perle” italiane sono state da sempre curate con occhi e sopratutto con mani diverse. I numerosi crolli della cittadina campana sono dovuti ad anni di gestione patrimoniale che non ha mai strizzato l’occhio al futuro, cosa diversa invece è stata per Venezia che, nonostate l’acqua alta, ha sempre e comunque avuto i suoinumerosi visitatori. Ma Venezia come ha pensato di difendersi da questi avvenimenti naturali e dalla corrosione del proprio territorio?
La risposta è il progetto MO.S.E., acronimo di Modulo Sperimentale Elettromeccanico.
Il progetto, partito nel 2003, vedrà il suo completamento il 2014, e non è altro che un sistema di difesa formato da paratoie mobili a scomparsa in grado di isolare la laguna di Venezia dal Mare Adriatico in caso di alta marea.
La difesa del territorio è proseguita anche dal rafforzamento dei litorali, il rialzo di rive e pavimentazioni e la riqualificazione della laguna, che dovrebbero permettere a Venezia di difendersi dallealluvioni e il decadimento morfologico.
Anche se i fondi per la messa in opera del MOSE sono tutti provenienti dal governo centrale, l’idea delle “barriere” veneziane prese corpo grazie al Consorzio Venezia Nuova che presentò una proposta di interventi per la salvaguardia di Venezia, il Progetto REA (Riequilibrio E Ambiente) valutata positivamente nel 1998 da un
collegio di cinque saggi internazionali nominato dall’allora Presidente del Consiglio, ma solo nel 2002 il Consorzio Venezia Nuova presentò il progetto definitivo che recepiva le richieste del Ministero del Trasporti e dell’Autorità Portuale. Nel 2002, il CIPE finanziò la prima tranche dell’opera.
Ad’oggi i lavori che si svolgono su tutte le tre bocche di porto hanno superato il 65 percento dell’opera e gli importi sinora assegnati ammontano a 3244 milioni di euro su un costo complessivo del sistema MOSE pari a 4678 milioni di euro. L’auspicio è che non ci siano più 2 italie, 2 velocità e 2 modi di interpretare la risorsa artistico-archeologica in maniera diversa.
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Il 18 marzo del 2019, il Consiglio d’Europa ha pubblicato i principi per la protezione e promozione del Difensore Civico, sottolineando il suo ruolo nella tutela dei diritti dei cittadini. Questo istituto è considerato un'autorità amministrativa indipendente con ampie...