“Noi siamo tutti nello stesso momento privati cittadini e pubblici impiegati; per noi l’uomo che evita di essere coinvolto negli affari dello stato non è semplicemente qualcuno che pensa agli affari suoi, ma un cittadino inutile” – diceva Pericle nel suo Elogio della democrazia. Ed è per affermare tale civica utilità che tanti Cittadini hanno riposto speranza nella Difesa Civica affinché si facesse garante delle loro istanze con una Pubblica Amministrazione inadempiente in merito al diritto di Partecipazione alla gestione della Cosa Pubblica.
“I comuni e le province – art. 3 del TUEL, comma 5 – svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”. L’autonoma iniziativa intanto può essere posta in essere in quanto, più che prevista (attività di indirizzo politico) negli statuti, venga opportunamente regolamentata (attività amministrativa) soddisfacendo le legittime aspirazioni di chi ritiene sia “dovere civico” partecipare ai processi di gestione della “cosa pubblica”, affrancandola dal potere asfissiante esercitato da una burocrazia pigra e incartapecorita, ostacolo allo sviluppo sociale ed economico dei territori. Attraverso la partecipazione – possibile grazie agli strumenti previsti nei singoli regolamenti – il Cittadino elettore diventa sempre più “soggetto attivo” dell’organizzazione amministrativa dell’ente territoriale, azione non limitato alla mera espressione della propria volontà elettorale.
La sollecitazione per l’approvazione del “Regolamento Istitutivo Degli Istituti E degli Organismi di Partecipazione Popolare”, inoltrata alle amministrazioni comunali ed agli Enti Parco renitenti, ha evidenziato la palese frattura tra una amministrazione della cosa pubblica, gelosa del proprio potere, ed il protagonismo civico “fastidioso” dei cittadini che hanno preteso maggiore Democrazia e più “diritto di parola”.
Dopo anni di ritardi, grazie al commissario ad acta insediatosi il 2 agosto 2019 un innovativo regolamento era stato introdotto nel comune di Sassano (Sa). Il 30 settembre la fase istruttoria vedeva il proprio compimento con il protocollo della delibera redatta dal commissario con l’allegato regolamento di partecipazione e relativa pubblicazione all’albo pretorio.
Il commissariamento – disposto ai sensi dall’art. 136 del TUEL che recita testualmente “Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito”– si è scontrato con l’ostinata resistenza delle amministrazioni coinvolte, confortate dalla presidenza della Regione Campania – indolente del surreale conflitto istituzionale e di competenze, venutosi a creare con l’ufficio del Difensore Civico – che ha sostenuto la tesi secondo la quale per il regolamento di partecipazione (non per tutti gli atti omessi), doveva essere il Presidente di Regione a commissariare in virtù del contenuto di tipo politico dell’atto non considerato di natura amministrativo-gestionale.
Il regolamento è uno strumento fondamentale per l’evoluzione democratica delle singole comunità. Istituti quali il Consiglio Comunale aperto, il codice deontologico degli amministratori, i referendum propositivi e direttamente deliberativi, il Garante del Cittadino, il Forum dei Cittadini, il bilancio partecipato e sociale ecc. rafforzano la Democrazia e, così come previsti nel regolamento approvato al Comune di Sassano, ambiscono a trasformare il “cittadino” in un protagonista attivo della realtà amministrativa di cui è parte sostanziale.
Quello pubblicato per il comune di Sassano, per la prima volta dal commissario ad acta, è stato lo strumento più avanzato di partecipazione messo a disposizione della collettività. Per nulla collaborative, se non intimidatorie, si sono rivelate le modalità operative poste in essere da amministrazione e funzionari. Il sindaco – Presidente anche del Parco del Cilento Vallo di Diano- in qualità di rappresentante dell’Ente comprensoriale ha fatto approvare un superficiale regolamento degli Istituti e degli Organismi di Partecipazione Popolare richiesto dai cittadini, mentre, nel proprio comune, lo ha ostacolato nelle forme previste, negando diritti, e presentato ricorso al TAR. L’organo giudicante, pur accogliendo le ragioni dell’amministrazione per la parte che annulla gli atti adottati dal Commissario ad acta, ha riconosciuto l’inadempienza del sindaco e ribadito il principio che il Difensore Civico regionale possiede i poteri di nomina di Commissario ad Acta. La sentenza è stata impugnata al Consiglio di Stato mentre la locale Procura della Repubblica ha aperto un’indagine con ipotesi di reato relative all’art. 476 cp . Successivamente alla nomina del Commissario ad Acta, aggirando norme e regolamenti in materia di convocazione dello stesso, il Consiglio Comunale aveva approvato un regolamento nel tentativo di evitare l’insediamento.
La Campania è una regione con circa sei milioni di abitanti e 550 comuni. L’80% dei Comuni non ha adottato gli istituti e gli organi della partecipazione popolare previsti dal TUEL. Tutte le amministrazioni inadempienti sono state diffidate. A seguito dell’invito molte hanno proceduto all’adeguamento normativo anche se nelle forme anguste solite. Ora aspettiamo la sentenza del Consiglio di Stato.