LA DOPPIA SFIDA DELLA MACROREGIONE MEDITERRANEA

La Macroregione europea del Mediterraneo occidentale sta muovendo i suoi primi passi nel migliore dei modi. Attraverso il coinvolgimento di Civicrazia e del Difensore Civico campano come sede pubblica ospitante e amministrazione procedente, la Macroregione non sta avviando soltanto un interessante esperimento istituzionale di sussidiarietà verticale, ma lo sta radicando nella sussidiarietà orizzontale e nella partecipazione democratica. Si vede che in Europa sono ancora presenti delle reazioni dal basso alla perdurante crisi delle tecnostrutture dell’Unione. È interessante anche il metodo che sta sperimentando per la designazione della governance: è quello che Giuseppe Fortunato ha definito, in una recente intervista, «il metodo della democrazia partecipata e meritocratica». Alle cariche della Macroregione Mediterranea «non si accede tramite deleghe manipolative, liste di partiti o pressioni di lobby bensì tramite percorsi di sviluppo a cui può accedere trasparentemente chiunque dà significativo contributo tramite percorsi di sviluppo. Il mondo del lavoro, i giovani brillanti, i professionisti, tutta la società civile sono finalmente protagonisti». Come a dire, se condividi l’obiettivo e pensi di poter dare un contributo attivo, non hai che metterti in gioco senza filtri di sorta. L’essere cittadino è un titolo più che sufficiente per adoperarsi a favore del bene comune. Tra l’altro, per un progetto come quello della Macroregione Mediterranea, trasversale per natura, la cosa più giusta è proprio quella di evitare che diventi un terreno di contesa o di spartizione partitocratica.

A ben vedere, quella della Macroregione è pertanto una doppia sfida. Vi è indubbiamente la sfida del riconoscimento in sede europea, al pari delle altre quattro macroregioni finora approvate. Sarebbe davvero strano che proprio il Mediterraneo occidentale, con tutte le problematiche geopolitiche che lo attraversano, possa essere trascurato dalla strategia macroregionale europea. La seconda sfida è invece proprio quella della qualità del processo costituente e della dinamica bottom-up che si sta instaurando. Questa dinamica è foriera di un nuovo protagonismo della classe dirigente meridionale, per quanto riguarda i territori italiani interessati. Qui non c’è clientelismo che tenga. Si tratta di una grande occasione per il Sud, in termini di sviluppo economico e di lavoro. Purché la società civile risponda, come sta facendo, recuperando una consapevolezza e un orgoglio che il meridionalismo lamentoso troppe volte ha oscurato nel corso della storia. Hic Rhodus, hic saltus.

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