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La Difesa civica, antidoto al populismo
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Nell’ormai classica ripartizione di Fraenkel, i due sistemi democratici dell’epoca moderna – la democrazia rappresentativa e la democrazia plebiscitaria – presi nella loro forma pura, portano all’autodistruzione. Entrambi i sistemi tendono prima o poi a presentarsi nella loro forma degenerata. Il sistema rappresentativo puro assicura tendenzialmente il dominio delle oligarchie politiche isolandole dal popolo e sgretolando lo stesso rapporto di rappresentanza. D’altra parte, i sistemi plebiscitari scivolano verso la negazione del pluralismo e conducono sovente a regimi autoritari o totalitari. La questione chiave sarebbe come costruire un sistema misto che combini elementi rappresentativi e plebiscitari per correggere le tendenze nocive dei modelli puri della democrazia moderna.
Vista sotto il profilo della fenomenologia del potere politico e dei suoi limiti, la questione si sposta sul piano istituzionale e investe l’evoluzione del costituzionalismo inteso come dottrina e pratica del potere limitato. La risposta alla crisi della democrazia contemporanea e, più precisamente, dello Stato costituzionale democratico, passa per una riforma della rappresentanza politica e delle formule di mediazione tra la volontà popolare e l’organizzazione statuale. I cittadini sentono il potere sempre più lontano e notano che il gigantismo della politica statuale non ha nessuna ragion d’essere; manifestano inoltre un crescente disinteresse nei confronti delle troppe mediazioni necessarie per agire politicamente e invocano una nuova democrazia diretta che integri nel sistema costituzionale le forze sociali emergenti. La questione non è nuova nella vicenda dello Stato contemporaneo e si ripresenta ciclicamente nei momenti di crisi. E, a ben vedere, non è nuova neppure la soluzione. Si tratta di evitare l’involuzione oligarchica della democrazia rappresentativa attraverso dosi omeopatiche di democrazia diretta. Capograssi la presentava così: «L’intervento delle forze sociali nella formazione della volontà e dell’ordine pubblico è dunque la nuova democrazia diretta: e lo sbocco finale di questa forma è proprio la riaffermazione dei diritti sovrani dell’elettorato, la riassunzione che tutto intero il corpo sociale tende a fare di quelle che sono le funzioni essenziali della legiferazione e della esecuzione».
La Difesa Civica è uno snodo decisivo della nuova democrazia diretta, nella misura in cui sarà in grado di sanare la frattura Stato/società e realizzare quella nuova sovranità del popolo auspicata da Capograssi. E se saprà dare il suo contributo alla ricostituzione di quel vincolo ideale e morale che unisce rappresentanti e rappresentati nel comune patto di cittadinanza. Questo passa anche per una nuova legittimazione delle istituzioni repubblicane, che devono riaffermare nei fatti quelle che rimangono le due funzioni essenziali della democrazia politica di tutti i tempi, i due diritti fondamentali del popolo: petere et acclamare, concedere cioè a tutti la facoltà di manifestare i propri bisogni e di reclamare i propri diritti, e lasciare che ciascuno possa apportare in qualche modo il proprio consenso all’opera del governo. L’istituzione di un Difensore civico nazionale andrebbe a rafforzare soprattutto la prima delle due funzioni, imprescindibile per controllare il potere e quindi per legittimarlo democraticamente. Anche da qui passa il contenimento del populismo: senza rimedi istituzionali, sarà sempre più difficile arrestarne il corso, e più inesorabile l’ascesa di una democrazia pienamente plebiscitaria.