Tra le storture del mercato vi è sicuramente quella di una pubblicità condotta con qualsiasi mezzo. Sempre più spesso è il corpo della donna e la sua strumentalizzazione a diventare l’amo per nuovi consumatori. Il tema, a ben vedere, non è solo commerciale. Le affissioni pubbliche riguardano per definizione tutti i destinatari, i cittadini. E veicolano quindi contenuti e messaggi espliciti o subliminali che hanno una potenziale carica diseducativa su tutte le fasce anagrafiche, soprattutto giovanili. È pertanto molto lodevole l’iniziativa del Difensore civico della Campania che ha posto nelle istituzioni il tema del contrasto alla mercificazione del corpo delle donne, chiedendo ai comuni di vigilare sulle affissioni e sui loro contenuti. Afferma Fortunato: «a tutte le amministrazioni locali verrà richiesto di collaborare affinché gli operatori di pubblicità non incitino ad atti di violenza sulle donne, tutelino la loro dignità e non rappresentino stereotipi di genere. Infine si auspica che le procedure amministrative siano sempre più tempestive e che si colmi, finalmente, la mancanza di una legge organica in materia così da impedire l’oggettivazione del corpo delle donne per finalità ed usi commerciali».
La battaglia è portata avanti anche dalla Commissione regionale delle pari opportunità, rappresentata dalla presidente Natalia Sanna, che ha annunciato la nascita di un comitato di vigilanza. Tutto nasce dalle segnalazioni dei cittadini su tre campagne pubblicitarie particolarmente lesive della dignità femminile.
Stavolta la questione, periodicamente trattata dai codici di autodisciplina, dall’opinione pubblica o dall’associazionismo, ha finalmente trovato un’attenzione istituzionale ed è posta direttamente sui tavoli dei decisori, che non possono rimanere indifferenti perché interpellati nella loro funzione di vigilanza. Del resto, la qualità della sfera pubblica dipende anche dai messaggi che la affollano. Tutto ciò che è demenziale o che solletica volgarità o atteggiamenti contrari alla dignità umana dovrebbe essere tenuto rigorosamente fuori dallo spazio comune. La stessa cosa vale per la musica. I testi delle canzoni più in voga tra i ragazzi sono spazzatura allo stato puro, distillati di messaggi lesivi della più elementare dignità delle persone. Ci facciamo caso quando scoppia un incidente, ma dovremmo avere la forza di intervenire con maggiore tempestività. Ne va dell’educazione dei nostri figli. Né si può reagire con un permissivismo refrattario a qualsiasi criterio. La censura non lede nessuna libertà, purché non si intenda la libertà come il fare e il dire ciò che si vuole senza curarsi degli effetti delle proprie azioni.