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Dopo l’intervento nel Barrosogate, il Mediatore europeo, l’organo che vigila sull’etica delle istituzioni dell’Ue, ha aperto un’indagine sull’appartenenza del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, al “Gruppo dei Trenta”, un foro di discussione di temi economici internazionali di cui fanno parte altri banchieri centrali e alcuni ex policy makers oggi attivi nel settore finanziario privato. Al di là delle considerazioni di merito, è interessante, dal nostro punto di vista, sottolineare il modus operandi del Mediatore e l’interpretazione dei suoi compiti istituzionali a difesa dell’interesse pubblico europeo. Che passa evidentemente per il controllo sui conflitti di interesse veri o presunti dei suoi vertici istituzionali.
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È in gioco la tenuta del contratto sociale che lega i governati ai governanti e dal quale si sentono lontane ormai larghe fasce della popolazione. In questi casi, il Difensore civico si erge a garante del contraente “popolo” contro i presunti abusi delle élites che sono chiamate ad amministrare pro tempore l’interesse generale. Se questa funzione potesse essere espletata anche a livello nazionale, ne trarrebbe giovamento la qualità della democrazia in Italia, il senso di fiducia che fonda il rapporto di rappresentanza e, in definitiva, lo stesso contratto sociale. A ben vedere, questo genere di difesa del popolo costituisce l’ossatura propria di ogni costituzionalismo: da essa il potere viene riportato nel suo alveo ministeriale in una forma più concreta e dinamica di quanto possa fare qualsiasi altro dispositivo di carattere formale. In questa sorta di sancta sanctorum della teoria del potere limitato, e a rendere pienamente legittima l’obbligazione politica, ci sarebbe, oltre alla difesa civica, soltanto il diritto di resistenza. Nel suo famoso emendamento presentato all’Assemblea Costituente, Mortati così lo definiva: “È diritto e dovere dei cittadini, singoli e associati, la resistenza che si rende necessaria a reprimere la violazione dei diritti individuali e delle libertà democratiche da parte della pubblica autorità”.
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Un ordinamento in cui non viene previsto né il legittimo diritto di resistenza né la difesa civica, diventa difficile sostenere qualsiasi actio popularis correttiva, diretta contro l’arbitrio dei pubblici poteri. In fondo, è un problema di definizione dello status che si riconosce al cittadino: titolare in via originaria di sovranità e quindi soggetto dell’ordinamento oppure suddito di un Leviatano che lo espropria della sua sovranità e lo guarda quasi come un rivale. E che certo non si può presumere che sia sempre e meccanicamente il garante dell’interesse pubblico.
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Mario CiampiÂ