UN LIMITE PER LA CORRETTA APPLICAZIONE DELLA DIFESA CIVICA È LA SUA CONOSCENZA.
Se ci soffermiamo a riflettere sul corretto utilizzo degli strumenti che abbiamo a disposizione, ci accorgiamo che non conoscendone le “avvertenze” spesso si commettono errori di utilizzo.
Quante volte è accaduto di avvilupparsi in situazioni che avrebbero potuto implicare minor dispendio di energie e soprattutto dispendio di risorse economiche e di quel bene non quantizzabile costituito dal cattivo utilizzo del tempo?
Orbene, facciamo un po’ di ordine su alcuni concetti chiave.
Accanto ai sistemi di controllo sulla Pubblica Amministrazione, esistono organismi di garanzia per i cittadini. Al fine di fare rispettare i principi di Efficacia, Efficienza ed Economicità si valuta l’impatto delle azioni poste in essere dalla Pubblica Amministrazione (che è rappresentato “in carne e ossa” dai responsabili a cui è affidata).
Che cosa accade quando un cittadino ritiene di essere vittima di errori e\o di abusi da parte di un responsabile della pubblica amministrazione?
Esistono diversi strumenti normativi a cui affidarsi. Agire in autotutela richiamando la L.241/90, per citare il più diffuso. Naturalmente adire le vie legali, chiamare a difesa un sindacato di categoria e molti altri sistemi.
Molti contenziosi, che potrebbero essere evitati, vengono portati avanti (per non dire esasperati) dai rappresentati della P.A perché consapevoli delle lungaggini dei procedimenti giudiziali. Moltissimi abusi posti in essere potrebbero, invece, essere sanati applicando il buon senso giuridico, personale ed in ultima analisi umano.
La pubblica amministrazione si muove per atti, che generano fatti che hanno rilevanza giuridica ed economica per l’interessato. Quando a emettere questi atti sono soggetti che pongono in essere atti e comportamenti palesemente in contrasto con le norme, un cittadino (che è utente, lavoratore, consumatore e/o altro) è condannato a subirne supinamente gli effetti?
La risposta è: NO. Il Cittadino si può opporre con minore aggravio per le proprie tasche, in particolare in un momento così delicato per le finanze delle famiglie.
Il Difensore Civico è la figura istituzionale preposta a vigilare sul buon andamento dell’attività amministrativa e a tutelare le persone dagli abusi commessi dai funzionari pubblici. Vi si ricorre principalmente quando i reclami proposti in revisione non siano accolti o non ricevano risposta da parte del soggetto che eroga il pubblico servizio di cui si lamenta la mala gestio.
Il Difensore Civico ha a sua disposizione una serie di strumenti normativi per approfondire la tematica posta in rilievo e il presunto abuso lamentato dal cittadino, attraverso deduzioni e controdeduzioni tra le parti con metodo conciliativo e senza oneri per le parti (tra l’altro già pagato sotto forma di tassazione all’ente regionale, provinciale che mette a disposizione tale istituto). Presupposto per svolgere al meglio tale funzione chiave è l’indipendenza e la terzietà.
Tuttavia è uno strumento poco conosciuto tra i cittadini “comuni”; pertanto è sovente utilizzato al minimo. Uno strumento che fornisce utilità non solo all’utilizzatore ma soprattutto all’amministrazione latu senso, permettendo di porre in essere correttivi tali, da garantire i tre principi fondamentali di Efficienza, Efficacia ed Economicità, non trascurando tempi di risposta maggiormente ragionevoli.
Tutto bene quindi? No.
Non fosse altro per la percezione distorta e dispotica che taluni funzionari pongono in essere nell’osteggiare e accettare forme diverse dalla via giurisprudenziale molto onerosa per il cittadino ma non certo per il funzionario che espone l’amministrazione senza poi veramente “pagare” di tasca propria gli errori commessi.
Eppure i diversi orientamenti giurisprudenziali emessi, dai Tribunari ordinari alla Corte di Cassazione, tengono in debito conto gli orientamenti espressi dai Difensori Civici, tanto nel condannare in modo aspro le amministrazioni che si rifiutano di porre rimedio a marchiani errori e – finalmente – condannando il funzionario colpevole al pagamento di “tasca propria”.
Nonostante la bontà dimostrata dall’applicazione di tale strumento – utile, efficace, efficiente ed economico per il Cittadino -, la Difesa Civica sconta la propria applicazione a macchia di leopardo sul territorio italiano, costituendo ciò un forte limite, non vantando la propria esistenza in tutte le Regioni. Inoltre manca in molte provincie e Città metropolitane.
Lì dove esiste se ne vedono i positivi riscontri, come il caso della Campania che, dopo aspri contenziosi a tutela della corretta nomina del Difensore Civico, ha portato avanti notevoli battaglie di civiltà politico-istituzionale in collaborazione con altri organismi di garanzia che tuttavia oggi vengono limitati dall’avocazione al potere politico che non riesce a garantire la reale indipendenza per il Cittadino, lasciandolo vittima degli abusi.
Chi potrà difenderlo da ciò? E’ necessario investire e potenziare la rete della Difesa Civica sui territori, partendo dalla Istituzione del Difensore Civico Nazionale. In questa battaglia devono essere tutti uniti Cittadini e buona politica ossia quella parte della politica che vuole rendere le Istituzioni realmente libere da abusi e soprusi perpetrati in nome di una P.A. sempre più percepita come lontana e non meritocratica.
Francesca Beneduce
Giornalista, criminologa, esperta di politiche paritarie e di genere,
Valutatrice Performance P.A
Organismo Indipendente di Valutazione (OIV) di Consiglio Regionale e Enti Locali.